Dai luoghi fisici alla piazza virtuale, iniziative in difesa del ceto medio

La Petizione “Salviamo il ceto medio” ha superato le aspettative, raccogliendo oltre 50mila firme e aprendo la strada a traguardi più ambiziosi. I dibattiti, i messaggi e i commenti che l’hanno accompagnata hanno ottenuto un’ampia estensione, anche in virtù del potenziale espresso dalla “piazza virtuale”, resa possibile dalle tecnologie avanzate e dalla rivoluzione immateriale in corso

Antonio Dentato   

Componente Sezione Pensionati Assidifer - Federmanager

1. La rivoluzione immateriale

Siamo testimoni di un’epoca di grande rivoluzione, definita come una trasformazione immateriale, guidata dalle nuove scoperte tecnologiche che stanno ridefinendo il tessuto stesso della nostra società. Queste innovazioni, una volta considerate oltre l’immaginazione, stanno innescando un cambiamento diffuso e rapido che penetra ogni aspetto della nostra vita quotidiana. “Internet delle cose, intelligenza artificiale, robotica, veicoli autonomi e droni, realtà virtuale, blockchain, tracciabilità digitale, stampa 3D sono tecnologie che, cumulandosi e integrandosi in un contesto di sempre più densa interconnessione totale, stanno cambiando la nostra vita” (cfr. P. Bianchi, 4.0 La nuova rivoluzione industriale, Ed. Kindle, il Mulino, 2018, Premessa). Una rivoluzione in atto, non priva di sfide, che esige un impegno significativo da parte di tutte le forze sociali. In primo luogo un impegno che viene domandato a professionisti qualificati perché sappiano guidare questi grandi cambiamenti attraverso i nuovi territori digitali dove, peraltro, non mancano falsificazioni e rischi. 
Qual è il rischio maggiore, più immediato, concreto, legato a questa evoluzione? Se la politica non assume come compito indifferibile quello di recuperare e valorizzare queste competenze, c’è il rischio che le figure più qualificate siano attratte altrove, da opportunità migliori. Da qui la necessità di investimenti sostanziali nell’istruzione e nella formazione professionale, insieme a politiche che favoriscano l’attrazione e il mantenimento di talenti nel nostro Paese. Riconoscimento e valorizzazione delle alte professionalità non sono, allora, delle semplici opzioni: costituiscono, invece, vere e proprie urgenze, se il nostro Paese vuole sfruttare appieno il potenziale delle nuove scoperte tecnologiche e contribuire attivamente a una rivoluzione immateriale che conduca verso un futuro equo e giusto per tutti (cfr. in questa Rivista, marzo 2024: M. Biti, Nel futuro del lavoro ci sono i manager e le loro competenze; M. Schianchi, Ceto medio, politiche fiscali e previdenziali: dalle proteste alle Riforme).
 

2. La reindustrializzazione 

C’è un campo dove i grandi cambiamenti trovano, ora, immediata attuazione: è la realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). È questo il campo nel quale si registreranno i frutti della rivoluzione immateriale che, a sua volta, determinerà la reindustrializzazione del Paese. È, infatti, sempre più evidente come, nell’ambito della rivoluzione immateriale, l’industria manifatturiera tradizionale si vada fondendo con le nuove dinamiche digitali. Questa trasformazione non riguarda solamente la produzione di beni tangibili, ma anche la generazione e lo scambio di conoscenze, informazioni e servizi digitali. Occorre che di questa trasformazione le pubbliche istituzioni e il complesso sistema imprenditoriale ne colgano tutto il potenziale. E, riaffermando l’urgenza appena esposta sopra, valorizzino il contributo delle figure professionali chiamate in prima linea a realizzarla. 

3. La piazza virtuale 

In linea con l’evoluzione delle tecnologie di cui abbiamo detto sopra, anche le domande di cambiamento in molti settori della vita economica e sociale vengono espresse in maniera nuova. Le piazze e le strade non sono più gli unici luoghi in cui le masse si raccolgono per esigere cambiamenti e portare avanti le proprie cause. L’avvento delle tecnologie digitali ha reso possibile la realizzazione della “piazza virtuale” in cui le persone si uniscono online per condividere idee, promuovere petizioni e mobilitarsi per la causa che credono giusta. Così è per le domande di cambiamento nei settori dell’energia, dell’ambiente, della mobilità e dei trasporti, dell’alimentazione, della salute, ecc. Così sta avvenendo anche per quanto attiene alle nuove forme di rivendicazione tramite piattaforme online impegnate come strumenti per difendere i diritti e gli interessi di componenti sociali come, ad esempio, il ceto medio e, all’interno di questo, dei pensionati del ceto medio. 
 

4. Una Petizione di successo 

Le considerazioni appena svolte ci portano direttamente all’iniziativa intrapresa da CIDA con la Petizione Salviamo il ceto medio, lanciata tramite la piattaforma change.org lo scorso mese di novembre, che ha superato brillantemente le aspettative raccogliendo oltre 50mila firme e aprendo la strada a traguardi più ambiziosi. La Petizione pone una chiara richiesta alla politica: invertire l’atteggiamento finora seguito; dare tangibile riconoscimento del ruolo di equilibrio svolto dal ceto medio e, in particolare, dalle forze sociali e dalle figure professionali che lo compongono. La sottoscrizione ha dato luogo a dibattiti, osservazioni, commenti di figure professionali attualmente in servizio e di quelle in pensione. Si osserva l’accumulo di un sentimento di emarginazione che si protrae da decenni, alimentato dalla netta percezione di essere trascurati dalla politica, se non per fare da bancomat a sostegno dei variabili programmi dei Governi che si succedono alla guida del Paese. 

5. Redditi sotto pressione

Questa che segue non è una analisi statistica, possiamo dire però che, in base a dibattiti, messaggi, commenti che accompagnano la Petizione, le questioni su cui si registrano le maggiore inquietudini del ceto medio e, all’interno di questo, dei pensionati, sono le seguenti. 
  • La prima: la questione fiscale. Si percepisce un diffuso senso d’ingiustizia, da troppo tempo subita. Scontento, per un sovraccarico fiscale che pesa soprattutto sui redditi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati: i cosiddetti redditi fissi. Tra aliquota del 43% e addizionali, chi ha un reddito annuo lordo superiore a 50mila euro ne versa quasi il 50% per tasse. 
  • La seconda: una sorta di tassa occulta sulle pensioni superiori a 4 volte il minimo INPS che deriva dalla mancata applicazione, o modifica in peggio, del meccanismo automatico di adeguamento della pensione al costo della vita (perequazione). In questi ultimi 20 anni o poco più, per 3 volte è intervenuto il blocco totale della perequazione per pensioni al di sopra di una determinata soglia e, per ben 4 volte, la valorizzazione è stata praticata con aliquote progressivamente sempre più penalizzanti. 
  • La terza: i contributi cosiddetti di solidarietà. Nel contempo, sulle stesse pensioni non valorizzate sono stati applicati 6 contributi di solidarietà. Strumenti “surrogati” di riduzione del reddito, “formalmente fuori dal perimetro dell’Irpef ma che, di fatto, operano come l’Irpef intrecciandosi con la stessa imposta” (cfr. Corte dei Conti: Rapporto 2014 sul coordinamento della finanza pubblica).

Conclusione

Attraverso l’adozione di nuove tecnologie avanzate, CIDA ha dato vita alla “piazza virtuale” nella quale si sono sviluppate discussioni e commenti volti ad attirare l’attenzione sul ceto medio e, in particolare, sulla sua componente formata dai pensionati. Da questo forum è emerso un diffuso senso di ingiustizia per il carico fiscale eccessivo imposto sui redditi fissi, sia per i lavoratori dipendenti che per i pensionati (su questi ultimi ulteriori quote di sottrazione sui loro trattamenti). In risposta a questa situazione, si auspica che i responsabili politici e i Governi che si succederanno alla guida del Paese prendano atto del malcontento espresso attraverso la sottoscrizione della Petizione e che nell’agenda politica tengano in perfetta evidenza le richieste di cambiamento riassunte e presentate dalle nostre Rappresentanze.

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