La povertà energetica in Europa e nel mondo

La recessione degli ultimi dieci anni ha fatto crescere la povertà in Italia e nella maggior parte dell’Europa

Pippo Ranci

Ex Presidente Autorità per l'Energia e il Gas

Tra gli altri aspetti, la difficoltà di molte famiglie a sopportare il costo delle necessarie forniture di elettricità e combustibile per il riscaldamento: la cosiddetta “povertà energetica”.
La nozione è stata definita qualche decennio fa nei Paesi del Nord Europa, e particolarmente in Gran Bretagna, dove le spese per il riscaldamento di case spesso assai poco coibentate costituivano un grosso peso per i bilanci delle famiglie povere, specialmente in occasione degli aumenti di costo del petrolio e delle altre fonti.
Il tema è stato oggetto di grande attenzione anche da parte delle istituzioni europee. La direttiva 2009/72 sul mercato interno dell’elettricità invitava gli Stati membri a formulare piani d’intervento per proteggere i consumatori “vulnerabili”. La direttiva 2018/844 promuove l’efficienza energetica degli edifici anche per alleviare la povertà.
Questi interventi rappresentano una visione della lotta alla povertà che è complementare rispetto a quella basata sulle provvidenze di carattere generale, come i vari tipi di reddito minimo garantito, ed è altrettanto necessaria, anche se spesso poco valutata nell’ambito delle politiche sociali. È analoga a tanti altri interventi settoriali come quelli nei campi della sanità, dell’istruzione, dell’alimentazione.
Non è facile da porre in atto: ad esempio, l’incentivazione fiscale per gli interventi che migliorano le prestazioni energetiche degli edifici sono inefficaci nel caso dei poveri che non hanno base imponibile e in generale poco utili nel caso delle abitazioni destinate a locazione, dove il beneficio della minor spesa per il riscaldamento va all’inquilino mentre il proprietario ha poco interesse a sostenere il costo dell’intervento, pur agevolato.
Queste difficoltà sono ben piccola cosa a fronte della situazione nel mondo, ove miliardi di persone sono ancora in condizioni di privazione di servizi essenziali alla vita, e tra questi le forme moderne di energia.
Le carenze principali sono due. Un miliardo di persone, il 16% degli abitanti del pianeta, non hanno accesso all’elettricità. E senza elettricità oggi non si è parte della comunità umana, che richiede comunicazioni, istruzione, sanità moderna, servizi praticamente impossibili da fornire a un villaggio senza elettricità. E poi un altro miliardo gode di un servizio precario, intermittente, inaffidabile, che impedisce ogni sviluppo di attività produttive.
L’altro problema, meno noto, è la mancanza di energia pulita per cucinare e, dove serve, scaldare l’abitazione. Ancor oggi 2,8 miliardi di persone, il 37% della popolazione mondiale, ricorrono alla combustione di legna, carbone, carbonella o altra biomassa. Il conseguente inquinamento dell’aria interna all’abitazione, ove passano gran parte del loro tempo donne e bambini, provoca frequenti e gravi malattie determinando morti premature stimate in 2,5 milioni l’anno. Inoltre il reperimento della legna costituisce nelle zone aride un attentato alla conservazione dell’ambiente e un onere grave sulla vita quotidiana di donne e bambini.
Le Nazioni Unite hanno fissato l’obiettivo di sviluppo sostenibile n. 7: “Assicurare entro il 2030 la disponibilità di servizi energetici accessibili, affidabili, sostenibili e moderni per tutti”.
Le prospettive sono molto diverse nelle regioni del mondo interessate. Oggi si prevede che l’accesso all’elettricità sarà praticamente raggiunto con un’unica ampia e drammatica eccezione, l’Africa Sub-Sahariana, dove nel 2030 ci saranno ancora 600 milioni di persone escluse. Più negativa la previsione per la “cucina pulita”: nel 2030 gli esclusi saranno ancora 2,2 miliardi.
L’ultimo rapporto World Energy Outlook 2018 dell’Agenzia Internazionale dell’Energia constata che “nonostante ci siano segnali incoraggianti, le nostre proiezioni indicano che il mondo è ancora decisamente fuori linea rispetto al raggiungimento degli Obiettivi 2030”.
Il modo di cercare, con maggiore o minor successo, di raggiungere quegli Obiettivi sta comunque cambiando. L’accesso all’elettricità dipenderà solo per metà dall’espansione delle reti e per l’altra metà da sistemi isolati o mini-reti locali alimentate prevalentemente con fonti rinnovabili. Il passaggio dal fuoco domestico a legna o carbone a una cucina pulita viene operato con grande difficoltà e lentezza attraverso l’introduzione di stufe moderne ed efficienti che possano bruciare la legna senza produrre inquinamento domestico, mentre maggiori risultati si ottengono con l’introduzione di combustibili come il gas liquido, che non è rinnovabile ma è sufficientemente pulito e più facilmente disponibile.
Complessivamente, l’azione basata sui grandi progetti infrastrutturali serve sempre meno. La parte residua del problema deve essere affrontata in modo molto più locale e frammentato. Si impone un cambiamento radicale di strategia e un impegno molto maggiore di soggetti privati, siano essi associazioni umanitarie, piccole o grandi imprese.
Per questo problema come per le altre gravissime minacce all’ambiente e quindi alla sopravvivenza della civiltà e della stessa vita sul pianeta vale ormai la constatazione che ci può salvare solo un impegno esteso a un grande numero di soggetti, compresi i più importanti nell’area del business, che dovrebbero introiettare l’idea di competere non solo per il massimo profitto, ma per fornire il massimo apporto alla soluzione dei problemi della società.

Il Gruppo Energia ed Ecologia ha invitato il prof. Pippo Ranci a tenere
una conferenza sul tema in occasione della riunione mensile del Gruppo

La conferenza si terrà in ALDAI
sala Viscontea Sergio Zeme - via Larga 31 – Milano

Giovedì 21 febbraio 2019 alle ore 17.30 

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